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domenica 18 dicembre 2011

ortensia rosa

giovedì, 07 luglio 2011

ortensia rosa


 
 

 
Cara mamma, avremmo festeggiato il tuo compleanno oggi con la dolce leggerezza della tua nuova mente, non saprei se emersa da una malattia o semplicemente dalla vecchiaia.

lunedì 12 dicembre 2011

Vecchio che soffre

mercoledì, 01 dicembre 2010

Vita e Morte


Vincent van Gogh, Vecchio che soffre ("Alle porte dell'Eternità"), 1890, olio su tela, Kröller Müller Museum, Otterlo
Vincent van Gogh
Vecchio che soffre -Alle Porte dell'Eternità-

domenica 11 dicembre 2011

SAINT ANDREW IN COMO PARK

venerdì, 07 agosto 2009


SAINT ANDREW IN COMO PARK





Una chiesa cattolica a Saint Paul, la città gemella di Minneapolis.

Si celebra la vita per non doversi dire addio.


da SIDDHARTA di Hermann Hesse


Presso questo fiume voglio restare, pensava Siddharta; è lo stesso sul quale sono passato una volta mentre mi recavo dagli uomini-bambini. Un cortese barcaiolo allora m'aveva traghettato. Voglio andare da lui, dalla sua capanna una volta il mio cammino m'aveva condotto a una nuova vita, che ora è diventata vecchia e spenta: così possa anche il mio cammino d'oggi, la mia nuova vita d'oggi trovare laggiù il suo approdo!
Affettuosamente guardò il fluir dell'acqua, in quel suo verde trasparente, nelle linee cristalline del suo disegno pieno di segreti. Perle leggere vedeva salire dal profondo, tranquille bolle d'aria galleggiavano alla superficie, e l'azzurro del cielo vi si rifletteva. E anche il fiume lo guardava a sua volta, coi suoi mille occhi verdi, bianchi, cristallini, azzurri come il cielo. Quest'acqua lo affascinava: quanto l'amava, come le era riconoscente! Udiva in cuore parlare la voce ora ridesta, ed essa gli ripeteva: Ama quest'acqua! Resta con lei! Impara da lei! Oh sì, voleva ascoltarla, da lei voleva imparare! Chi fosse riuscito a comprendere quell'acqua e i suoi segreti - così gli pareva - avrebbe compreso anche molte altre cose, molti segreti, tutti i segreti.
Ma dei grandi segreti del fiume, per quest'oggi non vedeva che una cosa sola, tale però da afferrare interamente l'anima sua. Ecco quel che vedeva: questa acqua correva correva, sempre correva, eppure era sempre lì, era sempre e in ogni tempo la stessa, eppure in ogni istante un'altra! Oh, chi potesse afferrar questo mistero, comprenderlo! Egli non lo afferrava né lo comprendeva, sentiva soltanto un presagio muoversi in lui, ricordi lontani, voci divine.



Fort Snelling

giovedì, 06 agosto 2009


Fort Snelling






Immensi prati verdi e bianche lapidi ordinate. Ogni guerra ha il suo settore, ma è singolare che anche le mogli dei soldati possano essere sepolte qui. E anche chi ha prestato il servizio militare soltanto per un periodo. E' il Cimitero Nazionale di Minneapolis.

Compianto

martedì, 04 agosto 2009


Compianto




Si muore. D'improvviso. Come gocce di rugiada sospese sull'erba al mattino.

mercoledì 7 dicembre 2011

Un albero s'erge sopra il mio letto

domenica, 18 febbraio 2007







tramonto sul Mississippi







La morte, è la notte fresca
la vita, è il giorno afoso.
Si fa buio, il sonno mi prende,
il giorno mi ha dato stanchezza.

Un albero s'erge sopra il mio letto,
e il giovane usignolo vi canta:
canta solo per amore,
persino in sogno lo sento.

Heinrich Heine

lunedì 28 novembre 2011

Vita e Morte

lunedì, 06 giugno 2005

Vita e Morte




"Speranza  II"


Gustav Klimt di fronte al mistero e alla sensualità della natura vivente: una donna incinta, la testa dolcemente protesa verso il suo grembo, gli occhi abbassati, la promessa dei seni, la mano levata come per proteggere. Un teschio emerge dal suo corpo: un minaccioso pericolo da affrontare o esorcizzare?
Chi sono le tre donne ai suoi piedi? Che cosa esprimono i capi chini, gli occhi chiusi, le mani levate? La solenne consapevolezza della vita o la lontana visione di un futuro da costruire e salvare?



Speranza  I

Morte e Vita

martedì, 31 maggio 2005

Morte e Vita





A William Shelley

I.

    O mio William perduto, oh tu, in cui viveva uno spirito lucente, e consumava l'effimera veste che ne celava debolmente il lume... qui trovano un sepolcro le sue cenerei, ma tu sei sotto questa piramide... se può morire un essere divino qual tu sei, il tuo funereo altare sarà il dolore di tua madre e il mio.

II.

   Dove sei, o mio dolce bambino? Ah! ch'io pensi che il tuo spirito nutre colla sua vita intensa e soave, l'amore delle vive erbe e delle foglie, fra queste tombe e deserte rovine: - ch'io pensi che attraverso i profondi semi dei dolci fiori e dell'erbetta al sole, nei loro colori e nelle loro tinte, possa passare una parte di te... .



Percy Bysshe Shelley scrisse questa poesia dopo la morte del suo bambino, William, che aveva appena quattro anni. Fu uno dei miei incontri di ragazza con un'idea panteistica della morte. Ne fui affascinata, come dai ragionamenti di Socrate intorno alla morte nell'Assioco di Platone. Mi segnò, allora e finora, anche l'ultima strofa di "Una sera d'estate in un cimitero":


   Così fatta solenne e dolce, mite è la morte, e non dà più terrore, simile a questa limpidissima notte: qui io potrei sperare, come curioso bimbo che gioca sulle tombe, che la morte nasconda dalla vista umana dolci segreti, o che accanto al suo sonno senza respiro, i più soavi sogni veglino in eterno.






  Solo molti anni più tardi avrei incontrato "Il Libro Tibetano dei Morti" e una nuova ma non contrastante concezione della morte.


Immagini: Otto Runge, Mattino e Amaryllis