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martedì 29 novembre 2011

Frammento di Iperione

domenica, 24 luglio 2005

Frammento di Iperione [1]
di Friedrich Hölderlin




Sul Citero

Ancora presagi senza trovare.
Interrogo le stelle ed esse tacciono; interrogo il giorno e la notte, ma non rispondono. Da me, quando m'interrogo, risuonano mistici detti, sogni senza perché.
Il mio cuore sovente sta bene in questo crepuscolo. Non so cosa mi accada quando la guardo, questa impenetrabile natura, ma sono lacrime sacre, beate, quello che piango dinanzi a Colei che amo ed è nascosta. Tutto il mio essere ammutolisce e si tende all'ascolto quando il lieve soffio misterioso della sera mi sfiora. Smarrito nel vasto azzurro, guardo sovente in alto nell'etere e in basso nel sacro mare ed è come se mi si schiudesse la porta dell' Invisibile e trapassassi con tutto ciò che mi circonda, finché un fremito nel cespuglio accanto mi sveglia dalla morte beata e mi richiama, riluttante, al punto da cui partii.
Il io cuore sta bene in questo crepuscolo. E' il nostro elemento, questo crepuscolo? Perché non posso trovarvi riposo?
Poc'anzi vidi un fanciullo che giaceva sulla via. Provvida, la madre che lo sorvegliava aveva disteso un telo sopra di lui affinché si addormentasse dolcemente all'ombra e il sole non l'abbagliasse. Ma il fanciullo non volle restare, così strappò via il telo e io vidi come cercava di guardare la luce benigna, vi provò e riprovò finché gli occhi hli dolsero e, piangente, volse lo sguardo a terra.
Povero fanciullo! pensai, agli altri non va meglio, e mi ero quasi proposto di desistere da questa temeraria curiosità. Ma non posso! non devo!
Deve pur rivelarsi il grande mistero che mi darà la vita, o la morte.

Friedrich Hölderlin




Con questo pezzo "Auf dem Cithaeron" si concludono le cinque lettere autobiografiche che formano il "Frammento di Iperione", edito da Schiller nell'autunno del 1794 sulla rivista Thalia. Cinque lettere all'amico Bellarmino in cui Hölderlin rievoca l'incontro con


Melite





Oh! a me - immerso in quel senso doloroso della mia solitudine, con quel cuore sconsolato e sanguinante - a me Ella apparve; incantevole e sacra come una sacerdotessa dell'amore, era lì dinanzi a me; eterea ed esile come intessuta di luce e profumo; sopra il sorriso pieno di pace e di bontà celestiale troneggiava, con la mestà di un dio, lo sguardo dei suoi grandi occhi splendenti e, come le nubi attorno alla luce del mattino, i riccioli d'oro le fluttuavano intorno alla fronte nella brezza primaverile.
Mio Bellarmino! Potessi fartelo sentire vivo ed intero l'ineffabile che allora accadde in me! - Dov'erano ora i dolori della mia vita, la sua notte e la sua povertà? Dove, tutta la mia misera natura mortale?
Certo, un tale attimo di liberazione è ciò che esiste di più alto e di più felice e la natura inesauribile lo contiene in sé. Esso compensa gli eoni della nostra vita di piante! La mia vita terrena era morta, il tempo non era più e, liberato dai suoi ceppi e risorto, il mio spirito sentiva la sua affinità e la sua origine. [...]
Melite! o Melite! essenza celeste!





 F. Hölderlin, Frammento di Iperione, traduzione it. di M. T. Bizzarri, a cura di C. Angelino, Il Melangolo, Genova 1989; 1-pag. 59; 2- pagg. 23-25.


Caspar David Friedrich, "Viandante sul mare di nebbia", 1818
J W Waterhouse, Windflowers,1903 - http://www.mezzo-mondo.com/arts/mm/waterhouse/index.html

Aurora Leigh

mercoledì, 20 luglio 2005

Aurora Leigh





Di scriver libri non si vedrà mai la fine,
Ed io, che molto scrissi in versi e prosa
Solo per altri, ora scriverò solo per me;
Scriverò la mia storia per il mio solo bene,
Come quando si dipinge il proprio ritratto
Per un amico che poi lo terrà in un cassetto
Per riguardarlo anche quando non ci amerà
Più, forse per confrontare com'egli era ed è.
E' l'incipit di "Aurora Leigh", romanzo in versi a cui Elizabeth Barrett Browning dedicò dieci anni di lavoro nella sua dimora fiorentina, rifugio e patri d'adozione, dopo la fuga d'amore con Robert Browning per sottrarsi al dominio del padre padrone.





E' il mio romanzo incantato, autobiografia di una donna poeta ma anche manifesto del diritto delle donne all'autodetreminazione, diamante letterario di figure umane e classi sociali e ispirazioni culturali. Come Elizabeth è la mia amica fuori del tempo e dello spazio, l'amica cui mi uniscono aspirazioni e sogni e amori, e l'amore per la poesia:


Oh, miei amati poeti! Mi sento con voi una
Cosa sola perché così vi amo, o perché è così
L'amore? Questo fragrante timo sotto i miei piedi
Mi condurrà veramente sul vostro sacro colle,
Alla vostra presenza, o semplicemente prova
Il frusciare delle vostre vesti profumate nei mei
Sogni? Quando, in gioia e pena, in me
Pensieri e aspirazioni restano muti come pause
Di flauti e di clarini, siete voi forse a risuonare?
E, se non lo faceste, suonerebbero ancora? Oppure
Questa mia musica è come per l'uomo la sua voce,
Il suo respiro, una cosa sola con quello della Vita?
Questo però è un dubbio per una stagione
Di nuvole.


Arthur Hughes, Aurora Leigh's Dismissal of Romney ('The Tryst'), 1860, oil on board, 39.4 x 31.0 cm, Tate Gallery, London.

Ritratto di Elizabeth Barrett Browning: http://www.npg.org.uk/live/search/portrait.asp?LinkID=mp00601&rNo=2&role=sit

Testi da: Elizabeth Barrett Browning, Aurora Leignh, Le Lettere, Firenze 2002; pag. 5; pag. 27

lunedì 28 novembre 2011

Squarci 1 - Rifts

lunedì, 11 aprile 2005

Squarci 1
Rifts


 
Karl Friedrich Schinkel_La porta nella roccia_1818_Berlin_Staatliche Museum


Vi sono momenti, luoghi, accadimenti, in cui le cose, anche le più familiari, mi si manifestano come novità assolute, quasi per un'improvvisa liberazione di impensati sensi dalle costruzioni del mondo interiore.


Caspar David Friedrich_Le bianche scogliere di Ruegen_1818



 Il caro "vecchio della montagna" mi ha lasciato un commento birichino al post precedente, per questo voglio dedicargli questo brano di Immanuel Kant dedicato alla "malinconia".

 "La persona il cui sentire tende al melanconico non viene così definita perché, priva delle gioie della vita, si strugge in una oscura malinconia, ma perché le sue sensazioni, quando si dilatano oltre una certa misura, o imboccano una direzione errata, approdano a questa tristezza dell'anima più facilmente che ad altre condizioni dello spirito.
Il melanconico ha dominante i sentimento del Sublime. Persino la bellezza alla quale egli è altrettanto sensibile, non tende soltanto ad affascinarlo, ma, ispirandogli ammirazione, a commuoverlo.
Il godimento del piacere è in lui più composto, non per questo meno intenso; ma ogni commozione suscitata dal Sublime ha per lui maggiore attrattiva di tutti gli affascinanti allettamenti del Bello." (da Kant, Osservazioni sul sentimento del Bello e del Sublime, II, 1764)