di Percy Bysshe Shelley
IL VINO DELLE FATE
Sono ubriaco del vino di miele
dell'eglantina, dischiusa dalla luna,
che le fate raccolgono in coppe di giacinto.
I pipistrelli, il ghiro e le talpe
dormono dentro i muri o sotto le zolle erbose
del cortile deserto del castello;
e quando a estate quel vino è versato sulla terra
o i suoi vapori salgono tra la rugiada,
i loro lieti sogni sono pieni di allegria,
e, addormentati, essi farfugliano di gioia - ché son poche
le fate che recano ancora quelle coppe fresche!
dell'eglantina, dischiusa dalla luna,
che le fate raccolgono in coppe di giacinto.
I pipistrelli, il ghiro e le talpe
dormono dentro i muri o sotto le zolle erbose
del cortile deserto del castello;
e quando a estate quel vino è versato sulla terra
o i suoi vapori salgono tra la rugiada,
i loro lieti sogni sono pieni di allegria,
e, addormentati, essi farfugliano di gioia - ché son poche
le fate che recano ancora quelle coppe fresche!
Wine of the Fairies
Fragment
I am drunk with the honey wineOf the moon-unfolded eglantine,
Which fairies catch in hyacinth bowls.
The bats, the dormice, and the moles
Sleep in the walls or under the sward
Of the desolate castle yard;
And when 'tis spilt on the summer earth
Or its fumes arise among the dew,
Their jocund dreams are full of mirth,
They gibber their joy in sleep; for few
Of the fairies bear those bowls so new!
Mi riporta agli umori visionari dell'estrema giovinezza questo Shelley "ubriaco del vino di miele dell'eglantina", quando capitava spesso di abbandonarsi a sogni bucolici, al tempo in cui si leggevano a scuola gli idilli di Mosco e di Teocrito.
da Shelley, Opere, Einaudi - Gallimard, pagg. 148-149
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