martedì 6 dicembre 2011

"Ho vegliato le notti serene"

lunedì, 08 gennaio 2007

"Ho vegliato le notti serene"




...ma il tuo alto valore e lo sperato piacere della dolce amicizia          140
mi persuadono tuttavia a sostenere qualsiasi fatica
e m'inducono a vegliare durante le notti serene
escogitando con quali parole e quale canto alfine
possa diffondere davanti alla tua mente una splendida luce,
per cui tu riesca a vedere il fondo delle cose arcane.                        145
Queste tenebre, dunque, e questo terrore dell'animo,
occorre che non i raggi del sole né i dardi lucenti del giorno
disperdano, bensì la realtà naturale e la scienza.

Titus Lucretius Carus, De Rerum Natura. vv. 140-148


... sed tua me virtus tamen et sperata voluptas 140
suavis amicitiae quemvis efferre laborem
suadet et inducit noctes vigilare serenas
quaerentem dictis quibus et quo carmine demum
clara tuae possim praepandere lumina menti,
res quibus occultas penitus convisere possis. 145
Hunc igitur terrorem animi tenebrasque necessest
non radii solis neque lucida tela diei
discutiant, sed naturae species ratioque.

 


Visioni di celeste calma assoluta e memorie del sublime stato d'animo lucreziano che "inducit noctes vigilare serenas" si mescolano nelle mie fantasie su mondi remoti e sconosciute armonie.
Mi domando che cosa sottenda l'armonia, che nel greco antico 'harmonìa' vuol dire 'connessione' e poi avanti con il traslato 'concordia' di persone cose suoni in Platone, e la musica con la proporzione matematica dei e degli intervalli suoni dei pitagorici, e la retorica 'intonazione' della voce secondo Aristotele, e il filosofico 'principio di unione' di cui parlava Empedocle, e molto altro ancora.
C'è qualcosa di più misteriosamente affascinante di quel verso del Paradiso "con l’armonia che temperi e discerni" (I, 78) in cui Dante incontra la musica delle sfere?


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