Del Sublime [6]
di Percy Bysshe Shelley e Mary Godwin Shelley
Il Monte Bianco
I L'eterno universo delle cose
Fluisce per la mente, e rovescia le sue rapide onde,
oscuro ora, ora lucente, e ora riflettendo il buio,
ora imprestando il suo spendore, dove
da sorgenti segrete
la fonte del pensiero umano il suo tributo porta
d'acque, con suono solo mezzo suo, come il fragore
che spesso un flebile ruscello assume
nei boschi impervi, fra le montagne solitarie,
dove cascate attorno eternamente scrosciano,
e i venti e gli alberi contendono, e un vasto fiume
sulle sue rocce incessantemente precipita e infuria.
II
E così tu, Gola dell'Arve, oscura, profonda Gola,
variopinta, vociferante valle,
sopra i cui pini, e le caverne e balze salpano
veloci ombre di nuvole e raggi di sole: scena terribile,
dove il Potere in sembianza dell'Arve discende
dalle voragini di ghiaccio
di cui è recinto il suo segreto trono, dirompendo
fra questi monti oscuri simile alla fiamma
del lampo che attraversa la tempesta;
tu giaci, o valle! E attorno a te s'abbarbica
la gigantesca prole dei tuoi pini,
figli ancestrali, a cui devotamente
gli scatenati venti tornano da sempre
per bere i loro aromi, e ascoltare
la loro onda possente, un'antica e solenne armonia;
i tuoi terrestri arcobaleni tesi sulla curva dell'eterea cascata, il cui velo riveste
un qualche non scolpito volto; il sonno strano,
quando le voci del deserto tacciono,
che tutto ammanta nella propria profonda eternità;
le tue caverne che ripetono l'eco del tumultuoso Arve,
un solitario alto fragore, che nessuno altro suono può domare;
tu sei pervasa da quel moto assiduo,
tu sei il sentiero di quel fragore incessante
vertiginosa Gola! E contemplandoti
mi sembra come se, in sublime e strana ipnosi,
io meditassi sulla mia stessa disgiunta fantasia,
sulla mia mente umana, che passiva
ora rende e riceve rapidi influssi, mantenendo
uno scambio continuo
col limpido universo delle cose intorno;
una legione di selvatici pensieri, le cui errabonde ali
fluttuano sopra le tue tenebre, o riposano
dove non siete, tu né quelle, ospiti inattesi,
nella silente grotta della strega Poesia,
cercando fra le ombre che trascorrono,
spettri di tutte le cose che sono, un riflesso di te,
un tuo fantasma, una tua fioca immagine; finché quel seno
da cui fuggirono li richiama, e allora tu sei là!
III
Si dice che bagliori di un mondo più remoto
Visitano l'anima nel sonno, che la morte è un torpore,
e che le sue forme sono più numerose
di tutti i pensieri affaccendati di coloro
che sono svegli e vivono. Guardo in alto;
forse un'ignota onnipotenza ha sollevato
il velo della vita e della morte? o dormo
e sto sognando, e il più possente mondo
del sonno spiega attorno, lontano e inaccessibilmente
i suoi cerchi? Perché lo stesso spirito si perde, trascinato
di picco in picco, simile a una nuvola
spaesata che svanisce fra le invisibili folate!
Lontano, in alto, trafiggendo il cielo infinito,
il Monte Bianco appare, calmo, innevato e nitido,
i monti suoi vassalli ammassano attorno
le loro forme non terrene, ghiaccio e roccia;
larghe vallate in mezzo
di fiumi assiderati, profondità insondabili,
azzurre come il cielo sovrastante, che si aprono
e scendono tortuose fra i dirupi accumulati;
un deserto abitato soltanto da tempeste,
se non quando l'aquila vi porta le ossa di qualche cacciatore,
e il lupo segue la sua traccia: in che congerie orrenda
sono ammassate le sue forme! Ruvide e nude e alte,
spettrali, deturpate e infrante. E qui la scena
dove l'antico demone del Terremoto insegnava ai suoi piccoli
la distruzione? Erano questi i loro giochi? o un mare
di fuoco avviluppava un tempo queste silenti nevi?
Nessuno può rispondere, tutto sembra eterno ora.
Questo deserto ha una sua lingua misteriosa
Che insegna un dubbio terribile, o una fede così dolce,
così solenne e serena, che solo grazie a essa
l'uomo può essere riconciliato alla natura;
superbo Monte, la tua voce può abrogare
vaste leggi di frode e di dolore; non tutti la comprendono,
ma i saggi e i grandi e i buoni
l'interpretano, o la fan sentire, o la sentono profondamente.
IV
I campi, i laghi, le foreste e le correnti,
l'oceano, e tutte le viventi cose che dimorano
nella dedalea terra; lampo e pioggia,
il terremoto, e l'infuocata piena, e l'uragano,
il torpore dell'anno in cui deboli sogni fanno visita
alle nascoste gemme, o un sonno senza sogni
incombe su ogni futura foglia e fiore; il balzo
con cui si slanciano da quell'odiata stasi;
l'opere e i modi umani, la oro morte e nascita,
quelle dell'uomo e d'ogni cosa che può essere sua;
tutte le cose che si muovono e respirano, con faticosa voce,
nascono e muoiono; s'evolvono, decrescono e s'espandono.
Il Potere dimora in disparte nella sua calma
Remoto, sereno, e inaccessibile:
e questo, il nudo aspetto della terra,
su cui fisso lo sguardo, questi premevi monti anch' essi educano
la mente attenta. I ghiacciai strisciano,
come serpenti che osservano la loro preda,
dalle loro lontane sorgenti, e lentamente avanzano;
il Gelo e il Sole, a scherno del potere dei mortali,
v'hanno ammucchiato molti precipizi;
duomo, piramidi, e pinnacoli,
una città di morte, adorna di torrioni
e mura inespugnabili di ghiaccio abbacinante.
No, non una città, ma una fiumana di rovine
È lassù, che dalle sponde del cielo
rovescia il suo torrente eterno; vasti pini sono sparsi
sul suo sentiero destinato, o stanno nel terreno maciullato
squassati e senza rami: i massi, trascinati
da quelle scabre altezze, hanno travolto
i limiti del mondo morto o del mondo che vive,
mai più ristabilibili. L'ambiente
d'insetti, bestie, e uccelli, diventa il suo bottino;
il loro cibo e i loro nidi per sempre cancellati,
e tanta gioia e vita è perduta. La razza
dell'uomo fugge nel terrore; le sue opere e le abitazioni
svaniscono, come al vento della tempesta il fumo,
e il loro luogo è sconosciuto. Sotto, vaste caverne lucono
nell'inquieto bagliore dei rapidi torrenti,
che tumultuosi traboccando da quei segreti abissi
s'incontran nella valle, e un unico maestoso Fiume,
respiro e sangue di lontane terre, sempre
rovescia le sue acque fragorose nell'onde dell'oceano,
e esala i suoi svelti vapori nell'aria volteggiante.
V
Il Monte Bianco ancora splende in alto; il potere è lassù,
l'immoto e solenne potere di molti aspetti
e molti suoni, e tanta vita e morte.
Nel calmo buio delle notti senza luna,
nel solitario fulgore del giorno, le nevi scendono
sulla Montagna; e là nessuna le contempla,
né quando i fiocchi ardono nel sole che sprofonda,
né quando i raggi delle stelle sfrecciano
attraverso di loro: i venti lottano
là silenziosamente, e ammucchiano la neve con un soffio
rapido e forte, ma in silenzio! Il muto lampo
abita in queste solitudini
innocuamente, e simile a un vapore cova
sopra le nevi. La segreta forza delle cose
che governa il pensiero, e per la cupola infinita
del cielo è come una legge, abita in te!
E che saresti tu, e la terra, le stelle e il mare,
se per l'immaginare della mente umana
silenzio e solitudine fossero il vuoto?
I miei pensieri sorgono e si dileguano nella solitudine,
il verso che vorrebbe rivestirli
si scioglie via come la luce della luna
nel raggio del mattino che si stende:
come eran belli, come stavano decisi,
screziando il cielo stellato come un tessuto di perle!
Versi scritti nella Valle di Chamonix da Shelley in collaborazione con Mary Godwin Shelley
1. Percy Bysshe Shelley, Opere. 2. Testo originale: Percy Bysshe Shelley, The Complete Poetical Works , qui .
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